Mele bianche by Jonathan Carroll

Mele bianche by Jonathan Carroll

autore:Jonathan Carroll [Carroll, Jonathan]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:17:24+00:00


Un ratto col rossetto

Gli ricomparve davanti soltanto quando Ettrich ebbe riportato suo figlio a casa di Kitty e fu risalito in taxi. Era seduto davanti, accanto all’autista ignaro di tutto perché poteva vederlo soltanto Vincent Ettrich: a tutti gli altri era invisibile. Un topone parlante che pesava più di trenta chili. Si chiamava Alan Wales.

L’aveva visto per la prima volta in ospedale, sull’ascensore. Era buio pesto da quando l’ascensore si era bloccato ed era andata via la luce. Così Ettrich non si rese conto subito di star conversando con un roditore. Credeva di parlare con se stesso, con Vincent Ettrich morto. Il che era vero, ma in quel momento ancora non sapeva che, quando tornano sulla terra, simili esseri assumono le forme più sorprendenti. Come quella di un topo gigante di nome Alan Wales.

Adesso era ricomparso. E domandò a Ettrich: «Cosa fai ora?».

Ettrich guardò la nuca del tassista: «Sei sicuro che non ci sente?».

Alan Wales sbuffò perché Vincent gliel’aveva già chiesto tre volte. « Sì, sono sicuro. Dal momento che io sono te, è come se la nostra conversazione si svolgesse nella tua mente e non in pubblico». Il ratto si voltò verso di lui appoggiando le zampone sul logoro sedile di vinilpelle. Aveva occhietti neri della dimensione di una ciliegia e lunghi baffi argentati che assomigliavano a raggi di bicicletta.

Ettrich diede all’autista l’indirizzo del ristorante davanti al quale aveva lasciato la macchina la sera prima, poi chiese al topone: «Perché ti chiami Alan Wales?».

Quello rispose stizzito: «Non fare domande stupide. Sai perfettamente perché».

Era vero. Alan Wales era lo pseudonimo che Ettrich usava quando andava in albergo con una donna diversa da sua moglie. Alan Wales e signora.

Aveva inventato quel nome diversi anni prima. Era così inglese e splendidamente fittizio, perfetto per uno di quegli attori degli anni Quaranta dal baffetto da sparviero che facevano invariabilmente la parte del babbeo o del donnaiolo.

La prima volta che il topone gli aveva parlato Ettrich aveva sentito una voce dire: «Quando torna la luce, non ti piacerà quello che vedrai. Quindi preparati».

Ricordando le sinuose dita spettrali che gli avevano accarezzato le gambe qualche istante prima, Ettrich aveva replicato, sforzandosi di conservare un certo contegno: «Vedrò me stesso, no? E questo che hai detto di essere, no? Io da morto».

«Sì, vedrai te stesso. Vedrai te stesso, così come ti senti di essere in questi giorni».

Ettrich stava per chiedergli cosa intendesse dire quando le luci si erano riaccese e si era trovato di fronte un enorme ratto color fanghiglia, seduto in un angolo dell’ascensore. Che lo stava guardando. Uno stramaledetto ratto.

Il topone gli aveva detto con voce identica alla sua: «Per ritornare qua, le anime sono costrette ad assumere la forma dell’immagine che una data persona ha di sé».

Dimenticando lo shock appena subito, Ettrich proruppe: «Io non penso di essere un ratto!».

«E vero, quando sono arrivato, poco fa, pensavi di essere un pezzo di merda. Avresti preferito quello? Posso sempre cambiare se vuoi».

Ettrich rispose al topone seduto davanti a sé: «Vado a prendere la mia macchina.



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